Questo mese si prende in esame la sentenza (Cass. Pen., sez. VI, 18.1.2022 (udienza 24.11.2021), n.2125), con cui la Suprema Corte di Cassazione affronta il tema dell’indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato, delitto di cui all’art. 316-ter c.p.

Il fatto

Il fatto riguarda un professionista che, contestualmente all’emergenza sanitaria, chiedeva un finanziamento garantito dallo Stato, avvalendosi del Fondo Garanzia per le PMI, come previsto dal Decreto Liquidità, dichiarando un reddito per l’anno 2018 pari a € 109.000.

Dalle indagini della Guardia di Finanza emergeva, tuttavia, come l’imprenditore avesse percepito per il 2018 redditi per €22.000. Premesso che l’importo finanziabile era pari al 25% del reddito (e comunque non superiore a €25.000), con la falsa dichiarazione del reddito per l’anno 2018, il professionista aveva indebitamente ottenuto una somma maggiore a quella consentita.

Dopo l’iniziale contestazione di truffa aggravata ex art. 640-bis c.p., il GIP riqualificava l’illecito nel delitto di in indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art.316-ter cp), riqualificazione che veniva poi confermata dalla Suprema Corte di Cassazione.

La decisione

Ad avviso del Giudice di legittimità, “il discrimine tra la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e l’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, è l’induzione in errore: “lo schema contrattuale, come regolato dal c.d. decreto liquidità, fa sì che la mendace dichiarazione sul fatto che l’attività era stata danneggiata dall’emergenza epidemiologica e sui requisiti dimensionali dell’attività anche attraverso la produzione di falsa dichiarazione dei redditi, non costituisca raggiro integrante una truffa con l’inganno del solo finanziatore, dato che quest’ultimo non era tenuto a svolgere un accertamento sulla veridicità del contenuto delle autocertificazioni, e non può quindi essere ritenuto indotto in errore rispetto ad un accertamento delle condizioni richieste per l’accesso alla garanzia dello Stato che è demandato ad una fase successiva alla erogazione“.

Poiché sia la truffa aggravata di cui al 640 bis c.p., che l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316 ter c.p. sono reati presupposto sanzionati dal D.lgs 231/01, la fattispecie in esame merita un’attenta valutazione.

Infatti, la richiesta di erogazione agevolata è fatta per un interesse e vantaggio dell’ente e, quindi, a quest’ultimo dovrebbe essere contestata la corrispondente fattispecie prevista dall’art. 24 D.lgs 231/01, che di seguito si riporta:

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Art. 24. D.Lgs. 231/01
Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture

  1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 356, 640, comma 2, n. 1, 640-bis e 640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico o dell’Unione europea, del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
  2. Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità o è derivato un danno di particolare gravità; si applica la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

2-bis. Si applicano all’ente le sanzioni previste ai commi precedenti in relazione alla commissione del delitto di cui all’articolo 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898.

  1. Nei casi previsti dai commi precedenti, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e) (X).

(X) [Ovvero: c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi].

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